Parigi. Una città in cui essere felici (seconda parte)

Ott 7th

Delle intenzioni ho detto, e delle coincidenze pure. Non mi resta che raccontarvi il seguito di questo mio viaggio a Parigi. Viaggio fatto in tanti sensi. Uno di questi, quello puramente fisico.

Secondo giorno: metto in moto la famiglia. Oramai anche i bambini se ne sono fatti una ragione: mamma deve andare al luogo dei suoi sogni. Ancora pregustavo il ricordo del sapore degli eclair de genie, che mi dirigevo con un sentimento che era un misto di venerazione, gioia e timore verso Rue du Bac.

Scendiamo alla fermata e mi guardo in giro. Sapere che lì vicino c’era il posto sognato e desiderato, quello di cui avevo tanto sentito parlare e raccontare, quello di cui avevo visto foto e disegni, mi rendeva un po’ nervosa.

Ci avviamo, cerco il numero e me lo trovo lì. Nessuna aria da primadonna, all’esterno, se non fosse per quel nome che, intendiamoci, non è affatto pretenzioso. Perché la patisserie des reves null’altro fa che incarnare i sogni di un goloso senza possibilità di appello.

 

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Conticini amministra sapientemente quel tempio, fatto di teche, liturgie e rituali. Ora, ditemi voi se, solo a vedere il modo in cui espone i dolci, non si cade in religioso silenzio. Perché non è come siamo abituati alla pasticceria in Italia: bancone in fondo, con i dolci messi lì, tutti insieme. No, Conticini no. Lui ha i suoi scaffali laterali, con brioche da una parte, libri e paté dall’altra. I dolci, invece, tutti al centro, messi in bella vista sulle notissime alzate. Ed ero lì, a fare il giro di tutte quelle alzate, appunto, guardando quanto di più bello mano di pasticcere abbia potuto elaborare. Mi sarei comprata mezzo mondo, poi ho pensato che tre di quelle bombe caloriche avrebbero costituito una degna prima colazione (uff, la dieta si interrompe nel momento stesso in cui si mette piede all’aeroporto, su, non guardatemi così).

 

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Io non so se sono rimasta più sconvolta dalla tarte citrone meringue o dal paris brest. Cerco ancora di capire quale mi sia piaciuto di più. L’unica soluzione che vedo, è tornare a Parigi, riprenderli entrambi e aggiungere il resto dei dolci, per puro dovere di cronaca. Le brioche, sugli scaffali di lato, sfogliate, immense, a cupola. Poi ditemi come si fa a interrompere il religioso silenzio. Per un malcelato senso di pudore, verso il resto della famiglia che mi guardava come fossi pazza, non le ho prese e ancora mi pento.

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Usciti da lì, mentre lancio un ultimo sguardo malinconico, mio figlio mi chiede “mamma, hai realizzato il tuo sogno? Sì. Bene, ora andiamo alla Tour Eiffel però, che qui abbiamo da fare”.

Santa saggezza dei bambini. Io dico che la saggezza si perde con l’età.

E Tour Eiffel è stata. Ma il destino mi è venuto incontro. Non volendo imporre un regime di visite a pasticcerie troppo intenso, pensavo di aver concluso il tutto. Certo, tralasciare Michalak, lui, l’adorato, ecco, mi dispiaceva. Sapevo che aveva il suo chiosco mobile di choux ma non avevo pensato neanche a cercarne l’indirizzo. Segno della mia somma rinuncia a favore dei piani familiari. Eppure, appena usciti dal metrò, eccolo lì, sotto l’ombra della Tour Eiffel, il chiosco fatto choux. Non ci potevo credere, con tanto di mani alla bocca e “nooooo” esclamato con gioia, mentre mio marito scuoteva la testa e diceva “ti brillano gli occhi”. Choux da riempire al momento, così non si ammollano, diciamolo, scelta dei ripieni e sacchetto per portare in giro questo cibo da strada. E che Dio benedica Michalak.

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Insomma, non l’ho cercato, son venuti loro: vi pare che non prendevo gli choux? Sono una professionista io, e lo dico mentre state facendo il conto delle calorie acquisite fino a metà mattina.

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Sì ok, lo so che a Parigi c’è ben altro, quindi tour Eiffel da tutte le prospettive, Trocadero compreso.

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E poi giretto alle Galeries Lafayette, dove ognuno aveva il suo angolo di shopping da guardare. Dopo aver perso la testa (ho fatto fatica a riprenderla) fra Chanel e Dior, sono capitata con una nonchalance degna di Hollywood al corner di Pierre Hermé, “toh, guarda chi c’è” ho detto ai familiari… ma io volevo vedere i vestiti, sia chiaro. Certo i macaron ispahan mi chiamavano, così come la confettura. In fondo ognuno poteva prendersi un piccolo souvenir.

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La sera, spazio al girovagare fra le vie del Marais, con tanta tanta nostalgia: il giorno dopo la meta sarebbe stata Disney. Ovvero, prima una visita al museo D’orsay, che davvero non si potevano perdere gli impressionisti, pur fatta velocemente, e poi Disney.

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Vi chiedete se Disney sia un posto fatto per far spendere soldi ai genitori? Sì, indubbiamente.

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Però non ho mai visto i bimbi così contenti, felice di vedere i personaggi dei loro cartoni. Felici di vedere un mondo riprodotto fedelmente. E, dico la verità, ci sogna anche un adulto. Non che gli alberghi siano questa favola, o che il mangiare sia buono (anzi, quello è pessimo) ma entrare nel castello del Bella Addormentata e guardare quelle stanze e quel soffitto, è cosa da provare. Almeno una volta.

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Un viaggio importante che porta tante conseguenze. Conseguenze che magari realizzerò nel tempo.

Una immediata, è quella di continuare a cucinare cose francesi. Per esempio le madeleines di Conticini (eh dopo Proust, che volete che mi mettessi a provare)..

Le madeleines di Conticini

Le madeleines di Conticini

Ingredienti

  • 135 g di burro
  • 1 baccello di vaniglia (io un cucchiaio di estratto)
  • 3 uova (150 g)
  • 140 g di zucchero semolato
  • 2 pizzichi di sale
  • 2 cucchiaini di miele (intiepidito)
  • 1 cucchiaio di olio di arachidi
  • 125 g di farina 00 (io, W170)
  • 2 cucchiaini di baking powder
  • 50 ml di latte a temperatura ambiente

Procedimento

  1. Mescolare il burro e scioglierlo (io ho usato il microonde). Deve raggiungere la temperatura di 40°.
  2. In una ciotola, mescolare le uova, lo zucchero, il sale, il miele e la vaniglia. Aggiungere l'olio, la farina setacciata con il lievito e infine il burro, aggiungere infine il latte.
  3. Coprire con della pellicola e lasciare in frigorifero per 3-4 ore.
  4. Imburrare gli appositi stampi e riempire ogni madeleines a 2/3.
  5. Cuocere per 20 minuti a 160° (ma vi assicuro che con il mio forno 8-9 erano anche troppi: regolatevi)
http://www.cookingplanner.it/2014/10/07/parigi-una-citta-in-cui-essere-felici-seconda-parte/

About the Author,

Maria Grazia Viscito, alias Caris, 39 anni, ingegnere, di Roma, con una grande passione per il cibo e la fotografia, cucina "per legittima difesa"