Sarà che per Natale non sono riuscita a scrivere nulla, sarà che Carnevale quest’anno finisce presto, io oggi dovevo fare frappe e, soprattutto, dovevo condividerle con voi. Ieri sono andata al supermercato e in un attimo di sconforto ho comprato un vassoietto di frappe al banco del pane. Si dà il caso che in generale siano fra i dolci preferiti di mio figlio, il quale, dopo aver assaggiato quelle comprata, ha sentenziato: “non capisco perché tu le abbia comprate, dovevi farle tu.”
on avevo intenzione di pubblicare così a poca distanza nel senso che non pensavo di poter avere materiale. Poi però ho deciso di fare una torta di mele per festeggiare con alcuni colleghi giorni di lavoro difficili (che almeno ci si addolcisca la bocca) e mi sembrava adatta una classica torta di mele.
Che faccio, che non faccio…ma sì, la torta Melamangio di Stefano Laghi che sta impazzando sul gruppo e fra tanti appassionati. Va be, hai appena pubblicato un’altra ricetta di Stefano, sarà il caso di bissare, direte voi? Sì, dico io.
Frequento su fb alcuni gruppi di pasticceria legati a qualche bravo pasticcere. Uno di questi è il gruppo di Stefano Laghi. Che lui fosse bravo davvero e con una marcia in più, si capiva subito dai suoi libri. Io ho Nuovi Classici #2 cakes e ancora mi meraviglio ogni volta che lo apro o provo qualche ricetta (uno di quei libri da veri appassionati, insomma).
Che lui fosse disponibile, gentile e che rispondesse praticamente in modo immediato ad ogni domanda, be’, questa sì che è stata una scoperta.
Ho visto questa ricetta di Iginio Massari in una puntata di “Dolcemente con…”, trasmissione condotta dal nostro Black Santin. Amore a prima vista. Sarà per la descrizione di Massari, che la presentava come il dolce della nonna (o della mamma) da mangiare la Domenica, con quel sapore antico che non è facile ritrovare oggi, che ho pensato subito di inserirla di diritto fra i dolci per le feste.
E, credetemi, è da far festa ovunque e comunque, con un dolce così.
La tartelletta non è per tutti. E’ la verità.
Di tartellette, variamente farcite, potrei fare scorta. E’ quel tipo di dolce consolatorio di cui non posso fare a meno e per questo motivo mi trattengo dal prepararne quanti tipi vorrei, capitemi.
E’ il concetto espresso da questo tipo di dolce, che mi fa impazzire: il segreto. Il fatto di nascondere, di celare qualcosa che però intravedi e che intuisci possa essere gustoso. Per questo dico che non è per tutti. C’è chi vuole un dolce che si veda subito, che si capisca, che si esponga prima di essere morso. C’è chi apprezza un dolce che è un rischio perché devi assaggiarlo per capire com’è.
Settembre è arrivato e, neanche a dirlo, si ricomincia con l’mtc. Che questo mese ha un tema che per me è peggio di una droga: gli gnocchi.
Io li amo. Ma tanto proprio. E su questo blog ogni tanto fanno capolino.
Quindi l’immensa felicità di sapere che Anna Rita avesse proposto gli gnocchi, neanche la potete immaginare.
Storia di un momento (quasi) idilliaco.
La classica scena che fa tanto casa felice: una mamma (io) che impasta biscotti davanti alla figlioletta (La Pasionaria) che la guarda attenta. E ditemi che ogni mamma appassionata di cucina non sogna nella sua testa questo sacro momento didattico, tutto fatto di trasmissione di sapere, di proseguimento del proprio lavoro, di senso di continuità, etc etc.
Il bignè di San Giuseppe, ovvero quello che, per un romano, rimane l’indiscusso dolce della festa di San Giuseppe.
Capiamoci: so benissimo che la zeppola napoletana è famosissima (ottima senza dubbio) e ormai diffusa in tutta Italia. Ma a Roma, da fine febbraio e fino al 19 Marzo, i bignè di San Giuseppe la fanno da padroni. Per me, pur figlia di un papà con origine campane, la zeppola era addirittura qualcosa di esotico, mangiato solo se capitavamo giù in quel periodo. Immaginate lo sconforto nel vedere, molti anni dopo, così trascurato questo gioiello della pasticceria.
E allora rivalutiamolo, il bignè per antonomasia.
Io, quella che ama la Francia, quella che stravede per Parigi, quella che quando vede un qualsiasi pasticcere francese innesta occhi a forma di cuore, quella che ha giurato amore eterno alla pasticceria dei cugini d’oltralpe , ecco, proprio io, non avevo mai assaggiato la tarte tatin. E dire che tutte le mie amiche (specie queste due qui, la Sara e la Pasqualina) continuavo nei loro racconti a favoleggiare di questo dolce. Ma mi era sfuggito anche se, post ne fu testimone, non è che mi sia contenuta, a Parigi.
Siamo al 21 Febbraio e nel mio giardino sembra primavera. Non ricordo un febbraio così. Io, che solitamente in questa stagione giro per casa ricoperta da due o tre strati fra pile, maglioni e vestaglia, stamattina ero in giardino, con il sole in faccia e gemme dei fiori sulgi alberi. Senza andare a tentare di capire se tutto ciò sia un bene o un male, ho solo avuto voglia di sedermi lì e mangiare una cosa che si adattasse a questa primavera in anticipo. Ed ecco lì la seconda ricetta che avevo in mente per l’MTC di Eleonora e Michael, che come base aveva il miele.