Frappe (o chiacchiere, lattughe, crostoli, cenci, etc etc) dicevamo. Quelle di Biasetto che tanto mi hanno colpito, sono qui. Mi piace tanto, questo dolce. E , sapendo che esistono tante versioni di servirle, dipendenti dalla regione d’Italia ma anche dalle tradizioni di famiglia, ho pensato di chiedere ai miei amici su fb come le condissero. Ne è venuto fuori una girandola di sapori che ho pensato di condividere con voi, perché ogni frappa ha il suo carattere, la sua indole, il suo modo di essere.
Non avevo la minima intenzione di fare un post su questa glassa, pensando che in rete se ne trovassero già molte. Poi però, messa la foto su fb dei vari passi e della torta finale che ho fatto recentemente per mio cognato, molte persone me lo hanno chiesto e allora, perché no? Antonio Bachour è molto conosciuto ma mai abbastanza e forse proprio qui in Italia meno che nelle altre parti del mondo.
Ho scoperto la meringata relativamente da poco tempo, ovvero da quando, due anni fa, sono andata al raduno del fan club di Massari. Durante la cena come dolce ne venne servito uno candido come la neve, la meringata di Iginio Massari: shock.
E dire che me ne avevano sempre parlato. Io lo snobbavo un po’ e non riesco a capirne il motivo.
Errori di gioventù, non può esserci altra spiegazione. Comunque, dopo quella sera, la meringata è entrata di diritto nei miei dieci dolci preferiti. Il giorno dopo poi, eravamo in Pasticceria Veneto, e mi ricordo lo sguardo di tenerezza che lanciavo alle meringate sparse nel locale.
Sono tornata a casa con la voglia di provare a rifarla, perché non poteva essere che non la provassi
La tartelletta non è per tutti. E’ la verità.
Di tartellette, variamente farcite, potrei fare scorta. E’ quel tipo di dolce consolatorio di cui non posso fare a meno e per questo motivo mi trattengo dal prepararne quanti tipi vorrei, capitemi.
E’ il concetto espresso da questo tipo di dolce, che mi fa impazzire: il segreto. Il fatto di nascondere, di celare qualcosa che però intravedi e che intuisci possa essere gustoso. Per questo dico che non è per tutti. C’è chi vuole un dolce che si veda subito, che si capisca, che si esponga prima di essere morso. C’è chi apprezza un dolce che è un rischio perché devi assaggiarlo per capire com’è.
Outrageous, dice Martha Stewart.
Sì, oltraggiosi. Quasi indecenti, scandalosi se vogliamo, sia per l’immagine che per la ricetta.
Intendiamoci, sono facili da far spavento, quindi nessuna remora o indecenza nella fattura di questi cookies. Ma il cioccolato sta lì e non si accontenta di dire “ci sono anche io”, lo urla proprio a gran voce. E non solo: si unisce a zucchero di canna, burro, vaniglia, farina, uova.. connubio peccaminoso. Punto.
Vi ho convinti a provarli? Spero di sì, e lo spero per voi, perché sono buoni davvero, questi cookies di Martha Stewart. Che, un po’ come per i crinkle e la cheesecake, ha una speciale abilità nel rendere al meglio tutta la tradizione americana. Questi sono fra i migliori cookies mai provati. Li ho anche serviti, caldi, con del gelato allo zabaione fatto in casa. Non aggiungo altro per decenza.
La ricetta è disarmante davvero, talmente disarmante che si può azzardare ad accendere in forno anche durante questo caldo infernale. I chocolate cookies caldi sono altamente rinfrescanti, non lo sapevate?
Ingredienti
Procedimento
Siamo a più di metà Marzo, fra poco è Pasqua e subito dopo è anche il mio compleanno. La primavera che arriva e una Comunione da preparare: il mio primogenito, che chiameremo convenzionalmente Albertino, a Maggio fa la Prima Comunione e quindi mi sono lanciata nei preparativi, nella lista del buffet, nelle partecipazioni, nelle decorazioni … cose da far impallidire un wedding planner, insomma.
Dicevo, nell’ultimo post, che ho la ricetta di biscotti irrinunciabili. Bisogna ringraziare tutti insieme la Martha Stewart, per questi chocolate crinkle cookies: morbidi, fondenti al morso, con una bella crosticina croccante ma molto sottile, che hanno lo spiacevole effetto collaterale di farsi mangiare uno dopo l’altro. E intendo proprio uno- dopo-l’altro.
Da qualche anno c’è la grande mania, mia compresa, di fare regali di Natale che siano non solo fatti in casa ma rigorosamente di stampo cibesco. Biscotti, in particolare. Se non ci sono barattolini o sacchettini di biscotti, non li vogliamo. E, bene inteso, la prossima ricetta riguarderà proprio quelli, perché ultimamente ho fatto dei biscottini irrinunciabili ma la ribellione quest’anno è stata forte: non regalini ma più dolci delle feste per tutti.
Mi avanzavano delle cose e mi sembrava un delitto non usarle. Così son venuti fuori due dolci, diversi, uno con carattere più moderno e uno più rustico, ma che mi son piaciuti molto entrambi. D’altronde, mi piace vincere facile, se i resti in questione sono la frolla e la riduzione di vino rosso del dolce d’autunno di Santin.
Raramente riduco le dosi indicate dai pasticceri, semplicemente perché il congelatore esiste e mi tiene lì le parti che avanzano, permettendomi di comporre un dolce con una velocità che altrimenti non sarebbe possibile. A volte mi dite: per fare quel dolce ci vogliono due o tre giorni. Assolutamente sì, a meno che non abbiate congelate le basi e allora il discorso si velocizza, o almeno si velocizza di una giornata!
Il dolce del sabato. Nasce così quest’ultima passione per Bachour. Ho questo libro stupendo, Bachour – Simply beautiful, dove il dolce al piatto regna sovrano. E allora che potevo fare, se non pensare di fare un dolce ogni sabato?