La pizza 2017: la Scarpetta di Franco Pepe

Ott 24th

Annunciazio’ annunciaziò: è arrivata la pizza del 2017, e non c’è dubbio che sarà la più amata da critica e pubblico.

Ma andiamo per ordine.

Ho una cara amica, che spesso vado a trovare. Cara amica sotto moltissimi aspetti, certamente, ma uno fondamentale è la comune passione gastronomica. Noi siamo quelle che si danno appuntamento di tre mesi in tre mesi per andare a magiare ciò che ci riconcilia col mondo. E la pizza di Franco Pepe è una delle cose che più assolve a questo compito.

Capitemi, sono di Roma e vivo questa perenne insoddisfazione di mangiare pizze al piatto che potrebbero essere tranquillamente usate per il lancio del disco. Quando vado a Caiazzo a mangiare la pizza di Franco, praticamente faccio scorta di sensazioni positive.

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Questa volta però, è stata particolare: ho portato con me mio figlio di 11 anni. Volevo fargli vedere Napoli e fargli mangiare una splendida pizza. Mio figlio è disabile e usa spesso e volentieri, anche se non sempre, una sedie a rotelle.  Informazioni che, mi rendo conto, non è significativa se non per un fatto: quello che Franco ha fatto con mio figlio e ciò che gli ha insegnato. Quando siamo arrivati, quello che io in macchina gli avevo presentato come uno dei migliori pizzaioli del mondo, lo ha guardato e gli ha detto: “ dai, vieni a fare una pizza con me”.

Ora, io e Pasqualina, la mia amica , ci siamo guardate: sono dieci anni che studiamo lievitati, magnifichiamo le pizze di Franco, facciamo prove e su prove  ma mai ci sarebbe venuto in mente di poter fare una pizza insieme lui. Arriva mio figlio ed eccolo là: me lo sono trovato due minuti dopo in piedi, vicino a Franco, a maneggiare quell’impasto simil nuvola. Insomma, un po’ di invidia c’era. Ma anche tanta commozione nel vedere il mio giovanotto tutto emozionato, mentre cercava di ripetere i gesti del maestro.  Racconto tutto questo per un motivo: mio figlio ad un certo punto deve aver sbagliato. Lui spesso pensa di sbagliare perché è disabile, non perché sbagliano tutti. E’ un pensiero che gli viene, che comprendo e che vorrei che superasse. E proprio mentre stava lì a maneggiare una pizza Franco gli ha detto “Si può sbagliare. Gli altri pensano che noi siamo perfetti. Ma noi siamo artigiani”.

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Frase bellissima, da dire a un bimbo disabile ma anche ad un bimbo che disabile non è. Una frase così la dice un ottimo insegnante.

E sapete che la pizza che ha maneggiato mio figlio è venuta ad arte, con tanto di cornicione vuoto e gonfio? Per la cronaca, il signorino se l’è mangiata tutta, non mi ha fatto assaggiare neanche un pezzettino e ha detto, quasi stupito “mamma, il cornicione è buonissimo, mentre io in genere la lascio sempre”.

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Metto da parte l’orgoglio di mamma, per parlare invece della pizza dell’anno (talmente buona che la mandiamo direttamente al 2017): la Scarpetta.

Franco, durante un pranzo di Puglia, ha pensato di dover riportare certi profumi su una sua pizza. Ebbene, ci è riuscito: fonduta di parmigiano 12 mesi, battuto di tre pomodori (ricetta segretissima), basilico disidrato e scaglie di parmigiano 24 mesi. La leggenda vuole che Nino di Costanzo, presente durante le prove di questa pizza, abbia usato due coperchi per fare un gong e stabilirne il successo.

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Ecco, mi ha sconvolta: non buona, non buonissima ma superlativa. Gli aggettivi cominciano a scarseggiare e allora faccio una considerazione: Franco Pepe è molto bravo e crea tanti accostamenti innovativi, opltre a portare aventi egregiamente la tradizione. Ricordo a tutti che la pizza bianca con mortadella, crema di ricotta e limone, per esempio, l’ha creata lui, così come la margherita sbagliata e tante altre cose. Non è tipo da stare lì a puntualizzare ogni volta la paternità di una ricetta, dato che è troppo impegnato a pensare ai clienti. E allora io dico: copiatelo, certo. Un giovane fa bene a copiare pizze così, “ruba con gli occhi”, gli avrebbe consigliato mia nonna. Ma non attribuitevi l’invenzione di una pizza che non è vostra perché, oltre a essere poco corretto, questo atteggiamento è solo sintomo di pochezza. Tanto, di pizze che non hanno bisogno di alcun copy right ce ne sono tantissime.

In ultimo, volevo solo dire a Franco che ha fatto un lavoro fin troppo buono con mio figlio. Mentre tornavamo a casa, lui, con molta naturalezza mi ha detto “Perché in giardino non metti un forno a legna? Tanto oramai la pizza la so fare”.

Ah, questi pizzaioli.

About the Author,

Maria Grazia Viscito, alias Caris, 39 anni, ingegnere, di Roma, con una grande passione per il cibo e la fotografia, cucina "per legittima difesa"