Lo confesso: non ero un’amante del panettone. Non mi piacciono i canditi e trovarmeli nel panettone mi irritava…poi quella punta di acido in moltissime delle fette di panettone ( che da Ottobre in poi si trovano in tutti i supermercati tanto per avvantaggiarsi e non arrivare due mesi dopo senza la scatola dei desideri con, magari, la cartolina per vincere l’auto dei propri sogni..) ..insomma…non mi piacevano, che dovevo fare? Poi però è capitata una cosa buffa: che a Gente del Fud ci hanno fatto trovare, a metà Giugno, un panettone enorme da gustare in piena costiera sorrentina :)…e che panettone! Il panettone Loison…L’aspetto era bellissimo e allora ne ho provato un pezzettino-ino-ino…una rivelazione! A quel punto non sapevo se era l’atmosfera, il fatto di mangiarlo totalmente fuori stagione (che poi..perchè deve esistere una stagione per un dolce così??) o proprio la bontà intrensica, fatto sta che mi piacevano anche l’uvetta e i canditi..quindi ho concluso che dovesse essere un mero colpo di fortuna!
Poco tempo fa, ho parlato direttamente col Signor Loison in persona…che ha deciso convincermi che caso non era e di inviarmi un “dolce pensiero” (come dice lui)…..che dolce pensiero non era neanche per niente, perchè definire “pensiero” quella scatola delle meraviglie mi sembra riduttivo. Mi sono trovata, a metà Settembre, con un panettone al limone, uno al prosecco e uno all’amarena….li dovevo provare assolutamente e la scelta è ricaduta sul panettone all’amarena (con amarene grandissime dentro l’impasto..e senza canditi :) ). Una gusto che non vi posso dire…morbidissimo, profumato, non acido, equilibrato….Il Signor Loison mi ha convinto: il panettone mi piace! E anche parecchio e tanto da decidere, a Settembre, quali saranno i prossimi regali di Natale anche perchè la confezione è meravigliosa e questo non guasta mai!
Per me quel panettone è splendido e perfetto così..ma la Loison ha un intero sito dedicato a ricette “insolite” che hanno il panettone come protagonista: se ne possono trovare veramente di tutti i tipi e lo capisco, considerando le diverse di qualità di dolci che la Loison produce.
Io dò il mio piccolo contributo con un dolce fatto a partire, neanche a dirlo, con il panettone all’amarena.
RICETTA: DELIZIE DI PANETTONE ALL’AMARENA CON CHANTILLY ALLA NOCCIOLA, GLASSA AL MASCARPONE E RIDUZIONE DI AMARENA E MERLOT
Ingredienti:
Per la base
Per la chantilly alla nocciola
Per la glassa al mascarpone
Per la riduzione
Procedimento
Fate sciolgliere i 50 gr di zucchero a freddo finchè diventa dorato e unite le nocciole. Tostate per qualche secondo, versate su un foglio di carta da forno e fate freddare. Spezzate il croccante ottenuto grossolanamente e versatelo in un frullatore. Frullatelo finchè non avrà raggiunto la consistenza di una crema.
Per la chantilly alla: stemperare la crema pasticcera fredda di frigo con una frusta, al fine di ottenere una massa ben liscia ed omogenea; prelevatene circa la metà e scaldatela al micronde , quindi unite la colla di pesce ammollata e fatela sciogleire. Versate il pralinato aggiungete il resto della crema pasticcera fredda.
Nel frattempo montate la panna e unitela alla crema molto delicatamente, con un movimento del cucchiaio dal basso verso l’alto, in modo da ottenere una crema chantilly ben areata e leggera. Coprite con pellicola trasparente e conservate in frigo.
Per la glassa al mascarpone: unite al mascarpone la crema pasticcera, poi incorporate la panna leggermente sbattuta, ma ancora semiliquida.
Per la riduzione: mettete in un pentolino lo sciroppo di amarena (io ho preso quello che c’era nel vasetto di amarene sciroppate che ho usato per decorare), unite il Merlot e fate cuocere fino a che si sarà ridotto.
Per il montaggio del dolce: prendete 8 stampini da cup cake. Ritagliate due dischetti di panettone all’amarena della stessa misura dello stampino. Appoggiate un dischetto sulla base, unite uno strato di chantilly alla nocciola e coprite con un altro discehtto di panettone. Mettete in freezer per almeno mezz’ora (un’ora è meglio). Sformate i dolci dagli stampini e ricopriteli con la glassa al mascarpone (io li ho praticamente tuffati dentro la glassa :) ); adagiateli sul piatto di portata, versate la riduzione attorno al bordo e completate con un’amarena.
Mi è stato fatto notare che ultimamente ho una “lievissima” propensione per il viola. Notizia falsa e tendenziosa..semplicemente perchè ho una vera e propria fissazione col viola! Stoffe, piatti, foto, pure vestiti va…mi capita tutto viola! Il mio colore preferito è l’azzurro ma per questo periodo non se la deve prendere se il mio mondo è violetto. Immaginate voi che faccia ho fatto quando lei mi scrive dicendomi che ha possibilità di farmi avere delle patate violette! Ho scritto “sì le voglio” senza neanche aver finito di leggere la mail..le dovevo avere/vedere/cucinare. C’è una ragazza, Giovanna, davvero molto carina, che le produce in piccole quantità in un paesinodella provincia di Piacenza..le ha trovate in un mercatino francese e ha deciso di coltivarle per passione! Qui un pò di notizie su questi tuberi dall’aspetto fantastico!
Dopo essermi messa d’accordo con Giulia, il fatidico giorno ho preso La Pasionaria e, complice il ritiro delle patate violette, le ho fatto affrontare il primo viaggio in metro. La sua reazione al viaggio è stata lapidaria:
“Non mi piace il treno, mi piace il fulman. Ora vojo andà a casa a dindolare il papuccetto” . Traduzione: “non mi piace la metro, preferisco il pullman (che poi il pullman non l’ha mai preso..). ora vorrei andare a casa a dondolare il mio pupazzatto preferito nella sua culla”.
Preso l’oggetto del desiderio..che ci ho fatto? Prima di tutto le ho guardate: bellissimeeee! Ditemi voi se non hanno un colore fantastico. Al che, dopo i racconti di Giulia, sono stata presa dal sacro fuoco della cucina tuberesca e ho fatto, nell’ordine:
RICETTA: STRUDEL ALLE PATATE VIOLETTE E FIOCCHI DI LATTE
Ingredienti
Per lo strudel
Per il ripieno
Procedimento
Mettere la farina a fontana in una scodella, mescolare con il sale, versare l’aceto, l’olio e l’acqua (fate attenzione che ne serve pochissima), mescolare prima con un cucchiaio e poi continuare con le mani; formare una palla e spennellarla con uno strato sottile di olio, farla riposare sotto una scodella riscaldata per almeno mezz’oretta (io ho usato la platenaria all’inizio). Grattugiare le patate e la cipolla grossolanamente, regolare di sale aggiungere noce moscata, mescolare bene. Tirare la pasta su di un panno infarinato molto sottilmente, cospargere con pangrattato i due terzi della pasta tirata, spalmare con un po’ di olio la parte restante, adagiare le patate, i fiocchi di latte. Chiudere lo strudel rotolandolo e finendo con la parte senza ripieno, foderare una teglia con carta da forno e mettere lo strudel sopra con l’aiuto del panno. Infornare in forno preriscaldato a 180° e cuocere finché non prende colore (il mio è stato un’oretta)
La sperimentazione è solo all’inizio…anche se ho paura di finirle troppo in fretta..però devo dire che mi piacciono molto..e non solo per il trendissimo colore ma proprio per gusto!
Ecco qui i risultati:
Quando torno dalle ferie, arrivo a casa carica dei regali gastronomici (sempre graditissimi!) che mi fanno i vari parenti. Siccome solitamente l’ultima tappa del viaggio estivo coincide con un soggiorno in Valle d’Itria, il mio bagagliaio è normalmente carico di prodotti pugliesi provenienti direttamente dai terreni e dai giardini dei nostri zii e cugini (olio, marmellata, pomodori, formaggi vari, friselle, taralli, etc etc).
Quest’anno però ho avuto un inconveniente: mi hanno regalato 5 grappoli d’uva. Eh, direte voi, e allora? buona l’uva..te la mangi e via. Si dà il caso però che quella fosse uva Italia. Io non so se ce l’avete presente ma vi posso dire che con 5 grappoli avevo 13-kg-di-uva-dico-13. Mi spiace non averla fotografata perchè era uno spettacolo! Grappoli immensi, sui 60 cm e acini grossi più o meno come palline da ping pong e non è una battuta! Bellissima da vedere, indubbiamente, ma purtroppo questa super uva ha, come tutta l’altra uva normale, la brutta tendenza a deperirsi. Non sapevo veramente come fare! Un pò l’ho mangiata, un pò l’ho regalata (a malincuore), un pò l’ho messa nella grappa e con i restanti 5 kg? Puglia per Puglia, mi è venuto in mente che io solo lì mangio una marmellata che mi fa impazzire: la marmellata di uva bianca…e che marmellata sia. La ricetta l’ho presa da qui (così come quella per l’uva nera sotto grappa)..diciamo che ho fatto un mix fra il primo e il secondo tipo. Avendo quindi un pò di barattoli di marmellata, oggi ho provato a fare dei dolci che mangio spessissimo d’estate. Hanno una pasta fatta solo con farina, olio e vino bianco e un ripieno di marmellata (che può essere di uva, fichi, amarene, ciliege, etc etc). La ricetta me l’ha passata mia zia Giovanna e quindi la ringrazio molto perchè l’ho trovata ottima. Come per molti dolci tradizionali, ogni famiglia ha la sua ricetta personale (mia zia ne ha anche più di una..) ma ho provato questa e l’ho trovata buona!
RICETTA: FAGOTTINI DI MARMELLATA DI UVA BIANCA
Per la marmellata:
Ingredienti
Procedimento
Far cuocere a fuoco moderato, senza aggiunta d’acqua, l’uva ben matura unita allo zucchero. Mescolare spesso e lasciar cuocere fichè avrà preso la giusta consistenza. Se la si desidera meno grumosa, passarla al minipiemer e poi metterla calda nei vasi sterilizzati, chiuderli e capovolgere il barattolo. Lasciare in questa posizione fino a completo raffreddamento.
Per i fagottini
Ingredienti
Procedimento
In un pentolino, scaldare l’olio e il vino fin quasi a bollore. Versare son cautela culla farina e impastare fino ad avere un impasto omogeneo (io l’ho fatto con la planetaria, usando la folgia). Far riposare l’impasto finchè diventa a temperatura ambiente. Stendere l’impasto, ritagliare dei cerchi di circa 8 cm di diametro, riempire con la marmellata d’uva una metà del cerchio, ripiegare a metà e chiudere il fagottino. Ricoprire una teglia di carta forno, poggiare i fagottini e cuocere per 45 minuti a 170°-180° (dipende un pò dal forno..)
L’ultimo numero di Bibenda, la rivista per gli appassionati del mondo del vino, fa seriamente riflettere. Parla di un tema a me molto caro, quello dell’olio extravergine di oliva e quando l’ho letto ho tirato un sospiro…di sollievo no ma di soddisfazione. Erano anni che pensavo certe cose e finalmente vederle scritte anche da qualcuno competente del settore mi ha fatto piacere. Non mi ha consolato, dato l’argomento ma mi ha fatto molto piacere.
Sandro Vannucci racconta di una sua visita sul campo (cioè in supermercato) per cercare di capire un pò cosa gira intorno al mondo dell’olio. Bottiglie messe senza ordine, con confusione, sistemate nè per prezzo, nè per tipo, tantomeno per marca o per regione. Esiste qualcosa che si chiama diritto di scaffale.. e non lo sapevo. In pratica un supermercato viene pagato perchè posizioni un certo tipo di olio in una certo modo. E poi ci sono i prezzi, Olio di oliva a 3-4 euro, prodotto con la Piqual (l’oliva più diffusa in Spagna). Ci sono poi quelli tra i 5-7 euro, con etichette che indicano “miscele di oli comunitari”. Nascosti bene ci sono anche gli oli italiani, non meglio identificati: per esempio un olio col nome di un lago umbro e imbottigliato a Latina…la tracciabilità resta comunque un miraggio.
A me succede spesso di ascoltare persone che, con l’aria di chi la sa lunga, ti spiegano che comprano l’olio extravergine di oliva a 3 euro e che in pratica chi spende di più lo fa
a) perchè è un pò scemo e si fa fregare
b) perchè paga solo il nome famoso e nulla più.
Ecco..io personalmente questi discorsi non li reggo. Perchè? Molto onestamente, la crisi c’è per tutti e spesso oggi una famiglia fa sacrifici per far quadrare i conti e deve risparmiare sulla spesa. Benissimo, vale per la maggioranza di noi. Su alcune cose mi devo accontentare altre proprio non le compro. Però non dico che compro a un prezzo stracciato olio extravergine di oliva, perchè i miracoli non li fa nessuno. Per guardagnarsi quel nome, un produttore italiano serio, investe sui raccolti, sulle tecniche, sul materiale, sulle strutture. Studia, si aggiorna, fa una spremitura ad arte e sceglie le olive con criterio. C’è un lavoro enorme dietro. E un lavoro così non può costare poco. Impossibile. Anzi, per essere precisi, un olio non costa: vale. Magari ne compro meno, sto più attenta al resto ma non è giusto dire che un olio da 3 euro è equivalente a uno da 15, per rispetto di chi lo produce applicando tutto ciò che la legge prevede. E’ una questione di etica intellettuale.
Anche il secondo articolo di Bibenda mi ha molto colpito, per varie ragioni a dir la verità. E’ di Lamberto Sposini (che ora è ricoverato al Santa Lucia…ve lo volevo solo ricordare e gli faccio i miei più sinceri auguri di guarigione). Sposini produce un olio extravergine di oliva..ma non è in vendita. Lo produce per se e i suoi familiari e amici. Dice che non può permettersi di venderlo perchè, per come lo produce lui, dovrebbe costare 20 euro.. e si indigna perchè a suo parere oggi c’è poca educazione alimentare. In un mondo dove tutti cominciano a conoscere i fagioli speciali di quel paese sperduto o il salame prodotto in piccolissima quantità in un posto sconosciuto, la maggioranza di noi bistratta l’olio che è l’elemento fondamentale per la riuscita di un buon piatto oltre che base fondamentale della cucina italiana. Come quando in tv, dove si cucina ormai 24 ore su 24, si conclude una ricetta con la frase “un filo d’olio a crudo” senza dire nulla su quale olio, quale profumi, quale origini…. E’ vero, Sposini ha ragione. Forse dovremmo coccolarlo un pò di più, l’olio extra vergine d’oliva perchè è davvero il nostro oro quotidiano.