Il Timballo di maccheroni ripieni

Gen 31st

 

Negli ultimi giorni ho avuto molti regali e tante sorprese. Sono molto felice quindi di poter cominciare questo post, il primo del blog rinnovato, con ringraziamenti  che,  con un po’ di commozione, è impossibile non fare. Grazie ad un’amica tanto preziosa quanto brava, che con pazienza e generosità mi ha aiutata , supportata  e sopportata nell’idea di cambiare l’aspetto del blog e ha ottenuto un risultato che non avrei nemmeno sperato. A Rossana devo molto… quanto sia brava in termini di cucina è risaputo ma lei è soprattutto una bella persona  e sono fortunata ad averla conosciuta. Davvero grazie Ros… per tutto… gentilezza, dolcezza e prefessionalità come le tue sono cose rare da trovare, figurarsi poi tutte insieme e tutte nella stessa persona! Siccome la vita è strana, accade che in periodi difficili ci sia più di una persona che ti sorprende e ti rende la vita davvero bella e capisci come le piccole cose sono quelle grandi. Grazie a chi mi ha regalato la possibilità di confidarmi, un progetto su cui discutere e divertirsi, una ricette di anatra all’arancia che solo a guardarla mi vien fame e che non ha pensato un attimo a dirmi al volo “l’Alchermes?? Ma te lo mando io “(che sia in una città diversa dalla mia sembra che per lei non faccia differenza alcuna). Grazie a chi mi ha regalato di nuovo flickr… perché è contenta di farlo e senza un motivo particolare, spiegandomi Hamelman e le pieghe a fazzoletto (non le ho ancora provate ma lo farò) e regalandomi anche una foto invernale talmente bella da incorniciare. Infine grazie ad un’amica che ha capito tante cose leggendo una mia semplice frase e collegandola a cose dette tempo fa.

Detto questo…  blog nuovo, vita nuova e vi racconto il frutto di piccole ricerche dell’ultimo periodo..partendo dal passato! Come avevo anticipato in questo post, mi sono appassionata alla storia della cucina italiana del ‘700 e dell’800, in particolare della storia dei Monsù. Di cose da studiare ce ne sono un’infinità e sono bel lontana dal poter dire di averne una visione completa ma intanto condivido qualche notizia.

Ovviamente la storia della cucina è intimamente legata agli avvenimenti storici in senso stretto che siamo abituati a studiare… tutto quello che riguarda la gastronomia è legato a quello che accadeva nel mondo e lo riflette e influenza. Fino a tutto il 500 l’Italia è il punto di riferimento nella gastronomia europea: i banchetti della penisola che duravano giornate intere, con carni e condimenti ricchissimi, tempi di cottura notevoli ( e altrettanto notevoli capacità di digestione richieste agli invitati, che non di rado potevano rischiare dei malori) erano l’esempio da seguire per le corti e la nobiltà, con la loro opulenza e teatralità nella presentazione. La cucina italiana era quella da importare e da imitare. Ma due avvenimenti cambiarono totalmente questa situazione fra il 500 e il 600: l’uso sempre più intenso dei prodotti provenienti dal Nuovo Mondo (zucchine, patate, pomodori, zucca, mais…una vera e propria rivoluzione in tutte le cucine europee) e la sempre crescente influenza politica francese. Nel  600 la cucina delle regioni italiche perde il primato che aveva e quella francese diventa simbolo di raffinatezze e potere. Durante il 700 poi, si sviluppa la concezione del banchetto d’oltralpe (influenzato dalla cultura illuminista), che rifiuta il codice dei banchetti italiani a favore di una cucina più raffinata, più sobria e più leggera, per cotture e presentazione (tenete presente che stiamo sempre parlando di cene con 30 o 40 portate…) e che tenga conto della buona salute anche a tavola. Via quindi ai potage, alle zuppe, alle salse delicate e morbide e allo studio della presentazione contemporanea di queste portate su tavolate enormi. Ogni cibo aveva una sua collocazione sul tavolo tanto che i commensali potevano assaggiare solo una parte delle portate (quelle nella loro “sfera di azione”), spesso in relazione al loro grado di importanza! Sul fronte italiano accade quindi che si guardi alla Francia come l’esempio da seguire e che, complice l’ingresso di alcuni cuochi francesi al seguito di principesse straniere, la figura che tutte le famiglie nobili, in particolare quelle del Regno delle Due Sicilie, vogliono alle loro dipendenze diventa il Monsù siciliano (contrazione dialettale del Monsieur francese) o Monzù napoletano.

Il monsù riveste un ruolo importante all’interno di una casa nobiliare: non è un semplice cuoco, ha un proprio appartamento, una propria forma di pagamento (poteva avere uno stipendio fisso, o uno a serata o anche un pagamento a richiesta…un libero professionista insomma).  Quello che però accade, fortunatamente per noi che possiamo ancora godere dei risultati, è che i nobili siciliani esigono dal Monsù una rivisitazione dei loro grandi classici: non rinunciano infatti al sapore e alla tradizione della loro terra ma Obbligano i Monsù a creare delle pietanze che i uniscano il meglio delle due cucine. Nascono così quelli che diventeranno i grandi piatti ancora oggi acclamati, di cui il Timballo del Gattopardo è uno degli esempi letterari più rinomati. Altra cosa straordinaria, in termini di evoluzione della cucina, che accadrà soprattutto in Sicilia, è l’influenza che la cucina dei Monsù riuscirà ad avere sulla cucina popolare, sfruttando il fertile terreno di ricette articolate, nonostante la povertà (cosa che accadrà con minor facilità in Campania, dove la cucina delle popolazione era più semplice nella struttura). Quindi nasce una cucina che riesce a superare la storica divisione fra cucina povera e cucina nobiliare dando i natali a quella cucina da strada eppure così ricca e articolata, presente ancora oggi in Sicilia. Gli originari Monsù, rigorosamente francesi, istruiranno i volgari “cuochi di paglietta” siciliani ( e campani) al loro servizio, dando vita ad una scuola che sarà francese solo nell’origine ma che poi sarà portata avanti da grandi personaggi rigorosamente italiani. Due su tutti ebbero il particolare merito e primato di scrivere dei ricettari ancora oggi attualissimi: Vincenzo Corrado con il suo Cuoco Galante e Ippolito Cavalcanti con La Cucina Casereccia. Il Cuoco Galante fu pubblicato per la prima volta nel 1773 e fu ristampato diverse volte per poi però essere soppiantato dall’accattivante ricettario di Cavalcanti (che rispetto al a Corrado,  scrisse in dialetto e rese comprensibile e fruibili ricette complesse anche a chi non era così colto e di nobili orgini come sia Corrado che Cavalcanti erano).  Quello su cui ho potuto porre l’attenzione è stato però Il Cuoco Galante, grazie al bel libro a cura di Giorgia Chiatto (Vincenzo Corrado Il cuoco Galante edito da Malvarosa Edizioni) che ha svolto un lavoro complesso e molto interessante. Corrado, nel suo ricettario, non scrive dosi  precise anzi, da’ per scontata una certa padronanza della cucina e dei suoi procedimenti. Giorgia Chiatto ha preso i suoi scritti e ha riportato le sue ricette al nostro tempo, con i nostri pesi e misure,  cercando di rimanere in linea alle sue ricette ma adattandole al nostro gusto e possibilità di reperire gli ingredienti con facilità, permettendoci di apprezzare la straordinaria modernità di questo Architetto dei Banchetti.

Di ricette da provare ce ne sono tante…per prima però ho voluto riprodurre il Timballo di Maccheroni ripieni, un po’ perché l’aspetto invoglia un po’ per avere una diversa interpretazione di un piatto nobiliare così importante come il timballo di pasta (qui la precedente versione). Causa scioperi vari il mio macellaio  (e quelli della zona) non avevano il pezzo di carne indicato nenanche a pagarlo a peso d’oro..quindi ho sostituito con un mix di carne trita (metà vitellone, un quarto vitello e un quarto maiale).

RICETTA: TIMBALLO DI MACCHERONI RIPIENI

Ingredienti (per 6-8 persone):

  •  600 gr di pasta mezza frolla
  • 500 gr di rigatoni
  • Brodo di pollo (Il Corrado consiglia il cappone in realtà) per lessare la pasta
  • 650 gr di lacerto (io, metà vitellone macinato, un quarto di di vitello e un quarto di maiale)
  • 1 cipolla
  • 1 carota
  • 1 gambo di sedano
  • 80 ml di vino bianco
  • 200 gr di brodo
  • Olio evo
  • 1 cucchiaio di strutto
  • 4 pomodorini
  • 50 gr di gambetto di prosciutto crudo
  • Funghi secchi a piacere
  • Tartufo a piacere
  • 2 tuorli d’uovo e uno per spennellare
  • 80 gr di parmigiano
  • Qualche cucchiaio di panna fresca

per la pasta mezza frolla:

  • 500 gr di farina 00
  • 190 gr di burro (o 140 gr di burro e 30 gr di srutto)
  • 2 tuorli d’uovo
  • 10 gr di sale
  • acqua q.b.

Procedimento

Per la pasta mezza frolla:

Lavorate il burro freddo a pezzetti con la farina, formando un briciolame, aggiungete il sale, i tuorli d’uovo battuti e l’acqua gelata, pian iano, a cucchiaiate (circa 6/7); lavorate brevemente fino ad ottenre una consistenza compatta e domogenea, formate un panetto e metete a riposare in frigo per almeno un’ora.

Per il timballo:

In una casseruola fate soffriggere la cipolla con l’olio, lo strutto, il gambetto, la carota, il sedano, i pomodorini e i funghi secchi ammollati e scolati:aggiungete la carne e fatela rosolare, sfumate con il vino: aggiungete il brodo, fate raggiungere il bollore e lasciate cuocere coperto per 2-3 ore a fuoco dolce. Prendete la carne dal sugo e passatela al robot, legate con il parmigiano e con i tuorli d’uovo, regolate di sale e pepe ed aggiungete qualche cucchiaio di panna fresca, insaporire con un po’ di noce moscata. Mettete il composto in una sac a poche. Lessate i rigatoni nel brodo di pollo lasciandoli al dente e conditeli con una noce di burro. Riempiteli con il ripieno. E conditeli con il sugo di carne (tenete presente che dopo aver riempito i maccheroni, ho aggiungiunto alla carne avanzata un cucchiaio di concentrato di pomodoro e un pochino di acqua e ho lasciato cuocere leggermente per ottenere una “versione in rosso”…dato che di timballi in bianchi ne ho fatti abbastanza nell’ultimo periodo!). Dividete la pasta mezza frolla in due parti, di una più abbondante. Stendete la metà più grande e usatela per rivestire uno stampo a cerniera da 24 cm e alto (almeno) 10-12 cm. Sistematevi i rigatoni e condite con il sugo intramezzandoli con altro sugo e una spolverata di parmigiano. Preparate il coperchio e rivestite il timballo. Decorate a piacere, spennellate con un  tuorlo d’uovo cuocere in forno già caldo al 180° per 35 minuti. Lasciare assestare 10 minuti prima di servirlo.

About the Author,

Maria Grazia Viscito, alias Caris, 39 anni, ingegnere, di Roma, con una grande passione per il cibo e la fotografia, cucina "per legittima difesa"